Volontariato

Mario Molteni: «È l’ora di investire in una filantropia strategica»

Assumere comportamenti a favore della società valorizzando le opportunità offerte dal non profit.

di Redazione

Assumere comportamenti a favore della società non tanto devolvendo denaro quanto valorizzando le convergenze e le opportunità, appoggiandosi magari a realtà non profit. Questo è il futuro della Csr secondo il docente di Corporate strategy ed economia aziendale alla Cattolica di Milano

La Csr è un ombrello sotto il quale ci sono moltissimi temi. E molte sensibilità, che possono concretizzarsi in modi anche molto diversi»: così Mario Molteni, professore di Corporate strategy ed economia aziendale alla Cattolica di Milano. «C?è l?aspetto interno, che si concretizza in iniziative a favore dei dipendenti, delle pari opportunità, della conciliazione vita-lavoro, della sicurezza. Poi c?è la realizzazione di prodotti ecologici, compatibili».

Vita: E l?aspetto energetico…
Mario Molteni: Sì, l?uso di energie pulite, il risparmio e la mobilità sostenibile sono temi centrali, accanto al controllo della catena dei fornitori, un fronte forse ancora un po? sottovalutato, sul quale stiamo facendo una ricerca e che potrebbe essere al centro di iniziative condotte più che dalle singole aziende dalle associazioni di settore che potrebbero far evolvere i comportamenti.

Vita: Quanto è diffusa la Csr nel sistema industriale italiano?
Molteni: Si sta diffondendo ma c?è ancora un grande spazio di crescita e di miglioramento. Sono poche le medie-grandi imprese che considerano le implicazioni socio-ambientali all?interno della creazione del valore. Poche hanno idee guida, una politica formalizzata e coerente, un vertice che assume la Csr come dimensione di cui tener conto a pieno. Certo, questo tema è sempre più percepito.

Vita: Il Banco farmaceutico ha stretto un accordo con un?impresa anche per affrontare il miglior uso della sovrapproduzione. Cosa ne pensa?
Molteni: Mi sembra una cosa interessante. Tenderei comunque a distinguere anche qui due aspetti. Da una parte le implicazioni sociali e ambientali del funzionamento dell?impresa in quanto tale, e quindi le iniziative che possono rendere più compatibile la produzione. Dall?altro la filantropia strategica che spinge ad assumere comportamenti a favore della società non tanto devolvendo denaro quanto valorizzando le convergenze e le opportunità, appoggiandosi magari a realtà non profit che naturalmente hanno una spiccata sensibilità in questo senso. Lo fanno il Banco informatico, quello alimentare, quello farmaceutico: in questi casi l?azienda dà molto di più del valore in euro.

Vita: E per quanto riguarda gli strumenti della Csr?
Molteni: Sono convinto che quella della Csr non sia una moda. Più che i singoli strumenti – il bilancio sociale o il codice etico – valorizzerei la crescente consapevolezza che lo sviluppo così come è stato gestito fin qui non è più sostenibile. Bisogna guardare alla sostanza dei problemi.

Vita: Quanto all?evoluzione della Csr, cosa può dire della social entrepreneurship americana che sta prendendo piede anche in Italia ?
Molteni: Non va considerata un?evoluzione della Csr, quanto una sua dimensione. Si tratta di una nuova forma d?imprenditorialità: imprese che riescono a fare progetti ad alto valore sociale, talvolta non profit, talvolta for profit. È un fenomeno interessante: riconosce la necessità di affrontare le attese collettive e introduce una logica secondo cui l?azienda può perseguire il suo scopo economico attraverso un?utilità sociale. Stiamo per lanciare un premio per le esperienze di social entrepreneurship, legato a una iniziativa gestita dall?università di Berkeley.


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